Forgotten? Emnotork? Aesiria? Illica?
Nessuna di queste. Questo evento sarà caratterizzato da un ambientazione diversa con alcuni riferimenti storici riadattati in chiave fantasy.
Le 5 sessioni saranno collegate e avranno una storyline che riguarderà proprio il castello degli Acquaviva.
La Terra degli Acquaviva era prospera e ben organizzata, la fortezza ne era un punto di riferimento storico e indissolubile.
Le alte mura e la posizione geografica gli conferivano grandi possibilità.
Amilcare Acquaviva, che al tempo ne era il reggente, poteva contare su 8 clan capaci di propiziare commerci, scongiurare guerre ed impegnarsi a rendere l’intera provincia produttiva, ma come per tutte le storie, cambiamenti erano prossimi a sconvolgere l’armonia descritta, poichè nulla dura per sempre.
Un omicidio e un esecuzione cambiarono la storia in un sol colpo! Teodoro Acquaviva era sempre stato invidioso del fratello Amilcare, la sua rabbia si rivelò presto incontenibile.
Amilcare morì per mano di Teodoro, un arcanista delle ombre, che a sua volta fu eliminato qualche settimana dopo a seguito delle indagini della Santa Inquisizione.
L’intera provincia perse due esponenti di spicco. Amilcare aveva guidato gli 8 clan e Teodoro ne era stato il consigliere, facendo spesso la differenza sulla sottile linea divisoria che delimita il successo dal fallimento.
I Clan soffrirono molto questa doppia dipartita, ma non si persero d’animo e vollero riorganizzarsi al più presto eleggendo un nuovo reggente e un nuovo consigliere. Purtroppo però, qualcosa era cambiato nel maniero e non sarebbe più stato possibile governarlo!
Ogni nuovo reggente e consigliere eletto impazziva nel giro di pochi giorni e presto tutti abbandonarono l’idea di rimanere in carica. Nell’arco di un quinquennio il castello di Acquaviva si trasformò in un palazzo abbandonato dove, tra ululati e riti notturni, astio e vendetta trovavano riparo.
Le rinunce dei nuovi reggenti e consiglieri avvenivano per via di sussurri e voci pronte a scatenare le più profonde paure di chiunque abitasse la rocca.
Si cominciò a parlare di spettri, alcuni pensavano che fossero lo spirito di Amilcare o quello di Teodoro e pian piano, il sospetto divenne certezza assoluta.
Amilcare e Teodoro erano morti ed erano diventati spettri, ma il loro odio non era stato sepolto insieme ai corpi, aveva perdurato trovando nuove strade da percorrere come cavallo senza briglie, in seno ad una follia che divorava ogni ragion d’essere.
Sembrava impossibile che entrambi fossero arrivati ad una tale impasse, ma, come sovente racconta la storia, anche le menti più argute possono essere fagocitate dai sentimenti.
Cosa fosse accaduto oggi è facile a dirsi, ma per chi lo visse al tempo, scoprirlo fu un colpo al cuore.
Amilcare e Teodoro, seppur morti, non avevano abbandonato il castello, erano diventati spettri e nella loro condizione avevano intrapreso una guerra uno contro l’altro.
Il castello doveva essere di uno di loro e di nessun altro. I Loro combattimenti trovavano tregua solo per impedire a chiunque fosse ancora di carne ed ossa di governare sulla provincia.
La condizione della morte aveva dato loro la possibilità di trovare alleati tra gli spiriti e i non-morti errabondi della provincia degli Acquaviva.
Nelle notti si affrontavano senza esclusione di colpi con la risolutezza di chi non può morire e l’animo di che è già vinto in partenza, perchè qualsivoglia esito del contendere non gli avrebbe ridato indietro né corpo, né anima e senza, erano impalpabili, incapaci di governare sul maniero.
Il contendere, come è facile intuire, non produsse vincitori, l’unico esito fu quello di non far governare nessuno tra le mura del maniero.
I Clan si disunirono e tutta la provincia ne fece le spese. I due spettri videro impoverirsi anno dopo anno i loro successori e una lenta e quieta ammissione di colpa cominciò a danzare tra i loro sentimenti, fino a diventare preponderante. Da morti viventi avevano distrutto la loro stessa casata impedendo alle future generazioni di governare.
Ma un’opportunità è giunta all’orizzonte!
Lucio Malatesta, vecchio amico di Amilcare e Teodoro, è riuscito a mettersi in contatto con i loro spiriti. Stanchi di assistere all’inesorabile decadimento della loro casata, sono finalmente pronti a lasciare spazio al terzo fratello degli Acquaviva, Tristano, che ha raggiunto l’età per regnare.
Il destino d’altro canto, sa essere beffardo. Proprio nel momento in cui Amilcare e Teodoro esprimevano la volontà di lasciar spazio al nuovo regnante, qualcosa nelle ombre e tra l’oscurità riuscì a poggiare il suo sguardo sul maniero e a prenderne il controllo.
Ogni giocatore potrà scegliere, in fase di creazione del personaggio, un clan di appartenenza.
Questi clan sono stati da sempre al servizio degli Acquaviva e sono fedeli alla causa.
Ogni clan ha delle peculiarità ed un background differente. Oltre a ciò ognuno di essi conferisce un bonus unico al personaggio giocante.
Il potere del re viene esercitato attraverso i clan che costituiscono gran parte dell’esercito reale.
Ogni nuovo reggente quando sale al trono ha diritto di eleggere un clan come “Primi cavalieri del Re”. Il clan eletto ha più potere degli altri ed è costantemente in stretto contatto con il re per prendere decisioni importanti.
Attualmente non vi è alcun Clan eletto e la centralità del potere è esclusivamente nelle mani di Tristano, terzo fratello degli Acquaviva.
Motto del Clan: “Picchia duro, scintilla sicuro!”
Bonus Clan: +2 ai danni
Il Clan delle Man di Martello nasce ad Acquaviva dalla famiglia omonima. Erano specialisti della forgia, capaci di un’arguzia senza pari e di una buona dialettica, purchè le parole fossero spese tra una martellata e l’altra, mentre si costruiva un’armatura o un’arma nuova.
Praticando l’arte dei forgiatori scoprirono tecniche ed innovazioni che non decisero di tenere soltanto per loro.
Aprirono una scuola e poi diventarono un vero e proprio Clan. Chiunque poteva imparare l’arte della forgia, ma solo i migliori entravano a far parte delle Man di Martello.
Storia della Scuola di Forgiatura
La scuola di forgiatura fu creata da Conrad Mandimartello in seguito all’esigenza di avere molti più forgiatori che fossero abili quanto lui. C’erano nell’aria possibilità di guerra, gli assalti dei tritoni si ripetevano e presto o tardi sarebbero arrivati a prendere il dominio del porto escludendo Acquaviva da validi commerci. L’episodio evolse in una guerra senza esclusione di colpi in cui la scuola di Forgiatura poté sperimentare la creazione di armi che non subissero gli effetti nocivi dell’acqua salata. Conrad, mentre insegnava, per darsi ritmo alla forgia, era solito ripetere: Picchia Duro, scintilla sicuro! Sarebbe diventato il motto del Clan.
Storia di Conrad Mandimartello, il Capo-Clan
Nella guerriglia contro i tritoni, Conrad Mandimartello dimostrò di essere, oltre che un grande forgiatore, un guerriero senza pari. Cominciarono ad avvicinarsi a lui altri guerrieri che aspiravano a seguire la sua via. Conrad allora fondò il Clan Man di Martello e alla veneranda età di 72 anni è ancora lui al comando delle operazioni. Il Clan insegna la forgiatura e il combattimento. Le armi preferite sia da forgiare che da utilizzare sono i martelli in tutte le loro derivazioni.
Conrad Mandimartello è sempre stato un osso duro, non ha mai titubato delle sue abilità, si è sempre gettato nella mischia senza esclusione di colpi. Il suo carattere è fermo, il suo spirito indomito, c’è chi dice che abbia una parte di nano dentro di sé, ma è solo una diceria… o forse no!
Motto: “L’ossidiana è vita”
Bonus: Una volta al giorno puoi attivare il potere della pietra di ossidiana, con un azione bonus, per ripristinare 3d6 punti ferita.
Il clan fu fondato da “Garin del Vento”, il nome vero dell’elfo non è arrivato fino ai nostri giorni, ma tutti quanti solevano rivolgersi a lui con questo epiteto. Garin era un potente alchimista innamorato delle proprietà dell’ossidiana che è un vero toccasana per la circolazione del sangue.
Dedicò la sua vita a produrre incanti che sapessero amplificare questa proprietà, ma nonostante la longevità tipica degli elfi, si rese conto che non avrebbe potuto raccogliere nessun risultato utile se non si fosse fatto aiutare.
Garin convocò una riunione con i saggi della valle e creò il clan dell’ossidiana a seguito di una dimostrazione. La Guerra contro i tritoni per il controllo del Porto di Acquaviva era finita da meno di 24 ore, molti erano i feriti e poche le risorse per curarli tutti in tempo utile. Molti sarebbero morti per mancata assistenza.
Garin diede a tre dei feriti, una pietra d’ossidiana incantata e disse: “Noi siamo le legioni di Acquaviva, la nostra vita ci appartiene”. I tre feriti si ripresero immediatamente, tornando ad avere un ottimo colorito. Garin spiegò che non sarebbe durata per sempre e che le pietre erano incantate. Dovevano darsi da fare, incantarne molte e fondare un Clan.
La storia di “Garin del Vento”
Garin fu cacciato dalla comunità degli elfi a seguito di oltre 600 anni passati a compiere studi infruttuosi sulle qualità di pietre e minerali. Lo ritennero un perdigiorno non degno della tradizione elfica e lo allontanarono dal conclave dei maghi. Garin arrivò ad Acquaviva a seguito di un periodo controverso nel quale viaggiò molto. Fu qui che scoprì le proprietà dell’ossidiana.
Si stabilì su un colle dal quale poteva ammirare il mare e su cui il vento mai mancava. Durante la carestia che colpì le zone dell’intera provincia, il suo nome divenne famoso al fianco di quello dei Lanzena del Clan Corona di sole.
Garin era solito ripetere le orazioni dei Lanzena facendole arrivare in tutta la provincia grazie ad un vento “favorevole”, incoraggiato dalla magia.
Fu così che le parole dei Lanzena arrivarono sino alle orecchie dei più ottusi facendoli riflettere su quanto sarebbe stato sbagliato abbandonare casa propria per una carestia che sarebbe finita a breve.
Motto del Clan: “Splendi nella Tempesta”
Bonus Clan: +2 A tutti i tiri Salvezza
Riccardo Lanzena creò Il Clan dei Corona della Folgore per dare speranza all’intera provincia. Il popolo era vessato da raccolti davvero infruttuosi che generarono una quinquennale carestia in tutta la provincia di Acquaviva.
Il popolo cominciava ad allontanarsi dalla grazia di dio e a lasciare le terre in cui era cresciuta ritenendole dannate, maledette.
Ricardo, conoscitore della natura e dei suoi cicli, si rese conto del pericolo e fondò il Clan a seguito di una breve orazione tra i campi in cui disse:
“I nostri campi torneranno ad essere fertili, nulla sarà arido, il raccolto tornerà florido. Mentre lavoreremo, con schiene chine e sguardo rivolto alla terra, sopra di noi cresceranno forti arbusti attraverso i quali scorgeremo la solida speranza divina.
Questa non è una promessa o una previsione, questa è la verità, accadrà se voi rimarrete, se andrete via invece la Tempesta infurierà senza sosta, ricordandovi che nel momento del bisogno avete girato le spalle per correre come codardi lontano da casa vostra!”
La storia di Antino “Cuoreleggero” Lanzena
Ricardo Lanzena è passato a miglior vita lasciando il Clan nelle ottime mani di Antino “Cuorleggero”, un uomo capace di infiammare gli animi e di infondere coraggio con un solo sguardo. Il carisma dei Lanzena si è tramandato di generazione in generazione, da Ricardo fino ad Antino. Il clan è noto per sapere trovare sempre una via, in ogni singola situazione, per non arrendersi mai.
Motto del Clan: “Se vuoi continuare a respirare, da me devi passare”
Bonus Clan: I punti ferita massimi aumentano di 12
La mano dell’albero è uno dei clan più antichi dell’intera provincia. Nacque per assicurare denaro e risorse ad un gruppo di saggi errabondi che tentavano di perfezionare le loro arti naturali riguardo alla cura di ferite mortali sui campi di battaglia. I signori di Acquaviva furono i primi finanziatori del clan. Fu fondato da Archy “Corteccia di fata”, uno degli gnomi più curiosi e impertinenti che potrete mai incontrare in vita vostra.
Storia di Archy “Corteccia di fata”
La storia di Archy è abbastanza semplice, ha litigato con il padre, ha litigato con lo zio, ha litigato con il nonno, è poi passato a tutti gli amici e quando si è ritrovato solo, ha capito che l’unica cosa che potesse fare digerire la sua strana figura all’intero mondo, era proprio la competenza nelle arti cerusiche.
“Nessuno vuole passare del tempo con Archy, ma se vuoi continuare a respirare, da lui devi passare”, così spesso solevano dire coloro che erano stati salvati da lui. Dicevano tutti che mai e poi mai avevano ricevuto una serie di insulti e di sberleffi da uno sconosciuto che si divertiva a vederli in fin di vita prima di condurli fuori dal tunnel dell’eterno oblio.
Archy fondò il Clan per non sentirsi solo ed avere sempre qualcuno da insultare, negli anni si è un poco ammorbidito, ma la sua lingua sa essere ancora tagliente. Gli adepti lo sopportano per via della sua enorme competenza che nessuno osa mettere in discussione. Eppure anche Archy nella sua strana vita ha trovato un amico, qualcuno che rispetta, si tratta di un Albero senziente nella Foresta degli Acquaviva.
Non si sa molto di lui, poiché parla solo con Archy, ma una tesi interessante è stata esposta. Sembrerebbe che la parte migliore di Archy sia chiusa in quell’albero, che lo gnomo non sia quel che sembra, ma che soffra di una maledizione che ha diviso la sua anima a metà tra il corpo di gnomo e l’albero stesso imprigionando empatia e buone maniere nell’albero e lasciando il resto nello gnomo! Sarà vero? Non si sa!
Motto del Clan: “La Difesa è il miglior Attacco”
Bonus Clan: +1 Classe armatura
Il clan venne creato da Leonardo Angeli a seguito dell’utilizzo di uno scudo chiamato “La Muraglia”. Leonardo Angeli era un forgiatore specializzato negli scudi d’acciaio temprati.
Durante la battaglia delle Anfore, un nuovo tipo di scudo da lui progettato venne impiegato per resistere ai guerrieri del duca di Roncivalle.
I Portatori di questi scudi alti più di un uomo furono chiamati “Muraglie”. Lo schieramento si muoveva come fronte unico, un’unità interamente coperta dagli scudi sui fianchi e sopra la testa, dalla quale solo le lance emergevano per togliere la vita ai nemici.
Tale modo di combattere diventò utilissimo in tante situazioni diverse e Leonardo Angeli che aveva creato gli scudi, lo impiegò in prima persona, insieme ad un gruppo di guerrieri che divenne una vera e propria squadra.
Combattere in quel modo, insieme, li aveva avvicinati. Sapevano che potevano essere forti e fare la differenza. Leonardo Angeli creò il Clan chiamando proprio “La Resistenza”
La storia di Leonardo Angeli
Leonardo era un ragazzo vivace, con tanti progetti e poca gente che gli fornisse il minimo credito. Aveva pensato di alleggerire le armature, ma al contempo di farle più resistenti, aveva pensato che gli elmi dovessero essere rivoluzionati per via della scarsa visibilità.
Era un ragazzo che si interessava agli strumenti di un guerriero, a come questi potessero essere migliorati grazie ad una progettazione adeguata e anche a tattiche di guerriglia. I Forgiatori per eccellenza nella provincia erano le Man di Martello, ma queste non volevano neanche sentirlo nominare.
Leonardo non si perse d’animo e grazie all’aiuto dell’amico d’infanzia Tiberio, riuscì a dare vita ad alcuni dei suoi progetti e ad avere una forgia tutta sua.
Le sue armature, scudi ed elmi non furono comunque presi in considerazione sin quando Mauròn del clan degli Aspidi di Corallo, non portò notizie sulle armi dei guerrieri di Roncivalle.
Gli Acquaviva si resero conto di avere una risposta tra le mura e che addestrare un manipolo che combattesse con gli scudi di Leonardo e a modo suo, avrebbe potuto dar loro un grande vantaggio.
La guerra fu vinta grazie alla Resistenza, che poi divenne clan, il resto è storia.
Motto del Clan: “Un tiro, una vita”
Bonus Clan: Colpo Mirato (+4 ai danni, solo armi a distanza)
Il Clan della freccia nera fu creato al termine della decima edizione dei giochi militari di Acquaviva da Aristide Orlean.
Una volta conclusasi la gara di tiro con l’arco che vide più di 100 partecipanti da tutta la provincia, Aristide, in qualità di vincitore, prese da parte i primi 10 e gli disse di volersi completamente dedicare alla disciplina dell’arco, gli disse che le sue frecce sarebbero state di un nero lucido e che se si fossero uniti a lui fondando un clan e rimanendo ad Acquaviva tutti avrebbero avuto di che vivere. Non tutti accettarono, ma il clan venne fondato.
La storia di Aristide Orlean
Aristide apparteneva ad una famiglia nobile di Acquaviva caduta in disgrazia a seguito dell’omicidio del capo famiglia, ovvero il padre di Aristide, Teobaldo.
I cerusici dissero che era stato veleno, ma quel che rimase nella mente di Aristide fu la Freccia Nera che lo colpì e il fatto che tutta la casata non avesse un erede dell’età giusta per poter decidere di questioni importanti.
La casata, nel vuoto di potere, subì diverse angherie e quando Aristide arrivò all’età giusta i denari erano finiti e dovette ripartire da zero, anzi dalla Freccia Nera. Tirare con l’arco fu la passione, l’ossessione che lo tenne in vita, mentre tentava di ricostruire gli eventi che avevano portato alla morte del padre.
Guadagnarsi da vivere non fu semplice e finì per girare per l’intera provincia a seguito di diversi tornei di tiro con l’arco, fino a quando non conobbe un mezz’orco di nome Argus che più volte lo mise in difficoltà privandolo della vittoria.
Argus non aveva idea di essersi imbattuto nel figlio dell’uomo che aveva ucciso molti anni prima, d’altronde per lui era stato solo un altro omicidio su commissione, un altro colpo per una vita. Argus prese in simpatia Aristide e gli insegnò molto su quello che sapeva sul tiro con l’arco.
Era dotato di un gran forza che gli veniva dalla sua parte orchesca e i suoi archi sparavano frecce più lontano e con maggiore forza di tutti gli altri. La storia tra i due ebbe l’epilogo della vendetta. Argus si ritrovò a fare ad Aristide diverse confidenze sul veleno da impiegare sulle punte delle frecce, sugli omicidi su commissione ben pagati e alla fine gli raccontò di come avesse ucciso suo padre.
Il giorno seguente Argus fu trovato morto con una Freccia Nera conficcata nel collo.
Le tecniche di Argus rimangono un segreto custodito dal Clan di “Freccia Nera”, entrare a farne parte non è semplice.
Motto del Clan: “Uno di noi, tutti noi!”
Bonus Clan: +1 Tiri per colpire
Il Clan Capaccioni nasce da un umile schiavo di nome Silvio, che al termine di onori militari guadagnatesi insieme ad un manipolo di uomini, riuscì ad avere discrete somme di denaro e un’alta considerazione nella provincia. Essere un capaccioni vuol dire non uscire mai per conto proprio, essere parte di una grande famiglia che non lascia mai nessuno indietro.
Molti li definiscono mercenari, sempre pronti a schierarsi dove il soldo chiama, ma c’è da dire che Silvio non ha mai remato contro Acquaviva, neanche quando lo avrebbero ricoperto d’oro.
L’atteggiamento verso la propria provincia probabilmente lo si deve ad uno dei pochi precetti morali che gli è rimasto nel cuore a seguito dell’addestramento con Miura Pietraforte.
Il Clan-familiare Capaccioni accetta coloro che sanno distinguersi in combattimento, per precisione e infallibilità ed è noto per non abbandonare mai il campo di battaglia se non sotto richiesta del suo Capo-Clan.
Storia di Silvio Capaccioni, il Capo-Clan
Scappato dalla schiavitù all’interno di un’arena nella quale doveva combattere ogni volta che gli veniva ordinato, riuscì a vivere di espedienti non proprio onorevoli fino a quando non incappò in Miura Pietraforte.
Il monaco lo condusse su una via più retta e gli insegnò ad usare al meglio il suo corpo e le sue forze spirituali. Il rapporto fra i due, dapprima sereno, si evolse in un serie di litigi per i quali Silvio si allontanò da Miura.
La via del guerriero e i precetti morali troppo rigidi non erano qualcosa a cui Capaccioni avesse voglia di sottostare e pertanto fece tesoro degli insegnamenti datogli di Miura a fini puramente militari e dimenticò la filosofia con la quale amava raccontarli e giustificarli.
Silvio aveva già in mente di vendere le proprie abilità di leadership e di combattimento al miglior offerente. Radunò altri uomini abili nel combattimento, gli insegnò quanto aveva imparato nell’arena e presso Miura e fondò il Clan Capaccioni, creandosi una vera e propria famiglia, quella che non aveva mai avuto.
Quando il clan fu solido, Silvio spiegò le tecniche per combattere insieme, per rimanere sempre compatti come unità, come se fossero una persona sola: “Uno di noi può sbagliare, tutti insieme non possiamo fallire!”
Motto del Clan: Il sangue è inizio e fine
Bonus Clan:+2 a Furtività, +2 a Percezione
Gli aspidi di Corallo sono il clan delle spie. Venne fondato da Mauròn Scheggiadorata ed ebbe a rendere noto il proprio valore per gli Acquaviva portando notizie da oltre confine, spiando i piani di guerra dei nemici e facendo girare false voci sulle proprie strategie e difese di battaglia che potessero sviare i generali avversi.
La storia di Mauròn Scheggiadorata
Mauròn ha sempre avuto le “Orecchie Pelose”, con questa espressione si indica nella provincia, qualcuno che non sa proprio farsi gli affari suoi, abbastanza piccolo da passare inosservato e sempre pronto a raccogliere informazioni, malumori e dicerie.
Il nome vero di Scheggiadorata è Mauro, ma è stato soprannominato Mauròn, come a intendere Maurone in opposizione alla sua prestanza fisica che è ben poca cosa.
Scheggiadorata oltre ad avere una predilezione per farsi gli affari degli altri è sempre stato un osservante della tradizione locale del sangue.
Ogni Aspide di Corallo deve mostrarsi rispettoso delle tradizioni del sangue, dei giuramenti e dei riti, poiché il sangue è la moneta più preziosa.
Entrare negli Aspidi di Corallo vuol dire dedicare la propria vita allo spionaggio per favorire i signori di Acquaviva.
Tu giochi, noi pensiamo al resto.
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